Guariti dalla cocciuta incredulità

Guariti dalla cocciuta incredulità

La guarigione dei dieci lebbrosi è uno degli esempi in cui il Vangelo ci insegna che è necessaria la nostra obbedienza a Dio perché si compiano i miracoli.

Essi sono frutto dell’onnipotenza divina, ma se questa è lasciata da sola, se manca cioè la collaborazione del credente con la sua fede, la storia rimane nella morte.

«”Andate a presentarvi ai Sacerdoti”. E mentre essi andavano, furono purificati» (Lc 17,14). In questo versetto è svelato a noi il segreto dell’esaudimento: la fede che crede e fa ciò che il Signore comanda. Senza fare storie. Senza lasciare spazio a ritardi o indugi. Senza opporsi con la propria razionalità.

I dieci lebbrosi – è questo il particolare su cui porre la nostra attenzione – non sono guariti e poi sono andati dai Sacerdoti. Sono guariti mentre andavano da loro. I dieci lebbrosi sono guariti perché hanno seguito la via particolare che Gesù ha indicato loro. Non si sono fermati alla preghiera. Sono andati oltre con la loro obbedienza che è diventata opera, scelta concreta.

Gesù ha ascoltato il loro grido di aiuto, ma non li ha guariti all’istante. Ha chiesto loro di avere fede e di fare ciò che lui comandava, di seguire quella via particolare che lui indicava come la via da percorrere per essere purificati, guariti, salvati: andare a presentarsi dai Sacerdoti.

Anche per noi vale questa dinamica. Se invochiamo Gesù con il cuore, lui ascolta la nostra preghiera, ma al contempo ci dice cosa fare, quale via percorrere perché la sua onnipotenza operi in noi e attraverso di noi. E si tratta di una via storica, particolare, del qui ed ora. Ecco la fede: credere in quella parola che Gesù ti dice, mettere nel cuore quel comando e obbedire.

Purtroppo però noi spesso manchiamo da questo punto di vista. Preghiamo, magari anche tanto, imploriamo pietà, ma poi non abbiamo la fede sufficiente, la determinazione, il coraggio di fare ciò che Gesù ci chiede di fare. E allora il miracolo non si compie, come non si sarebbe compiuto neanche per Naaman il Siro se non avesse obbedito alla parola del profeta Eliseo che gli aveva comandato di lavarsi sette volte nel Giordano (cf. 2 Re 5,1-17).

Dobbiamo dunque crescere, e pregare perché il Signore non solo abbia pietà di noi, quanto anche e prima di tutto ci doni l’obbedienza perfetta al suo comando di amore.

Fino a quando continueremo a voler togliere, purificare e guarire la nostra lebbra con le nostre vie, facendo ciò che noi scegliamo di fare, seguendo la nostra razionalità, i nostri schemi, le nostre sicurezze umane, i nostri pensieri, resteremo sempre con la lebbra addosso e questa ci divorerà lentamente le carni, l’anima e il cuore.

La dinamica è chiara: si prega, si implora pietà, il Signore ascolta nella sua misericordia, indica cosa fare; si obbedisce al suo comando, percorrendo la via che lui ha indicato, e la lebbra scompare, il miracolo si compie. Dio benedice l’umiltà e l’obbedienza e si può gloriare di avere figli e figlie che si fidano di lui.

«Va’, la tua fede ti ha salvato! Io ho potuto operare perché tu ti sei fidato di me, hai saputo mettere da parte le tue paure e ogni singolo pensiero che poteva farti fare altro, e io per la tua fede ti ho salvato» (cf. Lc 17,19).

La guarigione che dobbiamo chiedere al divin Maestro è dunque guarigione dalla nostra sottile e forse sempre viva pretesa di voler noi comprendere tutto e governare tutto con la nostra piccola mente. È guarigione che ci fa essere capaci di abbandonarci totalmente nelle mani di Dio, con la certezza nel cuore che lui ci sosterrà nella missione che ci affida e non ci farà affondare nel mare della storia, anche se questa è una storia a volte assai tempestosa. È guarigione dalla nostra cocciutaggine di voler risolvere i problemi a modo nostro e secondo la nostra sapienza.

Tanti potrebbero essere gli esempi esplicativi in tal senso, ma non possiamo prenderli in esame. Ne basta uno però, ed è quello di Mosè. Quest’uomo non poté nulla fino a quando fece trionfare la sua razionalità: aveva paura del Faraone, vedeva la sua poca bravura nel parlare, era vinto da mille paure e numerose incertezze. Vedeva il problema, ma non poteva risolverlo. Quando poi credette in quella parola che il Signore gli disse, iniziò per lui una vita nuova e l’Onnipotente operò in lui e con lui le sue meraviglie.

«Va’, Mosè, ci sono io con te! Non temere! Sconfiggerai il Faraone perché io combatterò per te» (Es 3,1-22; 4,1-17). Mosè credette e la sua fede salvò lui e tutto il popolo.

Che la Vergine Maria interceda per noi e ci ottenga una fede cieca e incrollabile nel Figlio suo, affinché guariti dalla lebbra dell’incredulità diventiamo tutti strumenti del suo amore che salva e redime il mondo intero.

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