Vivere e morire per il giusto fine

Vivere e morire per il giusto fine

Il fine per cui vale la pena vivere e morire è uno solo: il Paradiso. Altri fini sono tutti vanità delle vanità, illusioni e inganno, somma stoltezza e niente di più.

La nostra vita su questa terra è infatti breve, molto breve, in confronto all’eternità ed è per tale motivo che dobbiamo agire con grande saggezza per custodirla e non sciuparla miseramente. E la via per fare ciò è una sola: rimanere saldi nel Vangelo con il cuore e con la mente, in ogni scelta che operiamo, dalle più piccole a quello più impegnative.

È bene che tutti comprendiamo che la parabola del ricco stolto che Gesù racconta nel Vangelo non è una favoletta. Essa dice in parole semplici e tremendamente vere che la vita non dipende da ciò che si possiede o si fa, ma dalla sapienza o dalla stoltezza con cui si sceglie l’orizzonte esistenziale verso cui dirigersi.

Si sceglie Cristo crocifisso e risorto, si vince la battaglia. Si sceglie il mondo con i suoi inganni, si è miseramente sconfitti. Per sempre e senza possibilità di redenzione.

A nulla serve possedere il mondo intero, avere granai dalle dimensioni gigantesche o vivere nelle ville più lussuose di questa terra avvolti in morbide vesti, cibandosi dei cibi più succulenti. A nulla serve possedere una miniera di diamanti o un astronave per poter provare l’ebbrezza di esplorare lo spazio.

Se poi si perde la vera ricchezza che è la vita eterna, si è solo gente disperata e senza futuro. Si è stolti e ciechi, schiavi del peccato e vittime più o meno ignare del principe di questo mondo di tenebra.

Per tale motivo l’Apostolo Paolo è chiaro, quanto mai chiaro: «Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra» (Col 3,1-2).

Il fine della nostra esistenza terrena deve essere la contemplazione di Gesù. Con Lui dobbiamo desiderare di poter vivere per sempre, inebriandoci della sua conoscenza e conquistati dal suo amore che non ha eguali.

Acquisire questa prospettiva esistenziale è quanto mai importante per noi. È da essa che dipende in gran parte la forza di morire al peccato per risorgere a vita nuova, cioè di vincere la concupiscenza e la cupidigia che sono due nemici acerrimi per tutti noi.

Bisogna che tutti ci impegniamo con determinazione a camminare in questa direzione, perché altrimenti saremo risucchiati dalla sete delle cose della terra, che sono solo vanità delle vanità. Esse non potranno mai dare senso alla nostra vita né potranno donarci la vera pace.

Piuttosto ci porteranno ad incupirci per la perenne insoddisfazione che è ad esse legata. Ci renderanno ciechi e incapaci di apprezzare e assaporare le gioie della vita che il Signore non manca di seminare nella nostra storia.

Chi si lascia vincere dalla sete delle cose del mondo, chi non ha come fine della sua esistenza terrena il Paradiso, è conquistato dagli affanni del mondo e di riflesso non riesce a gustare la bellezza del volersi bene in semplicità, della preghiera comune, di un sorriso che ci viene donato, di una parola di incoraggiamento o di conforto che qualche anima di buona volontà semina nel nostro cuore, dell’essere figli di Dio che possono in Cristo guarire dalle loro infermità in virtù della grazia che la Chiesa ci dona.

Una vita vissuta alla maniera del ricco stolto del Vangelo, che a nulla pensava se non a riempire i suoi granai, è una vita scialba e senza senso. È infatti una vita che non conosce l’amore verso Dio e verso i fratelli, perché ripiegata miseramente su un egoismo stolto e cieco che non può che togliere la pace.

La carità, la condivisione, il sostegno reciproco, il porgere la mano a chi vive accanto a noi, il donare un sorriso a chi è triste e un pezzo di pane a chi è povero, il dedicare del tempo ad un anziano, il darsi da fare per arginare il dramma della solitudine anche con una semplice telefonata e tutti quei piccoli gesti di amore sincero che lo Spirito Santo sa suggerire a chi si lascia muovere da lui sono ciò che rende bello il nostro pellegrinaggio terreno e al tempo stesso ciò che riempie i nostri granai del Cielo di quel grano particolare che nessuno potrà mai rubarci: la carità che è la chiave del Paradiso.

Che il Signore ci liberi e ci preservi dalla cupidigia e dalla schiavitù delle cose della terra e ci dia un cuore puro che sappia gioire in semplicità anche solo per un sorriso che ci viene donato da quanti il Signore ha messo al nostro fianco per un mistero incomprensibile e nascosto che ha le sue ragioni nella sua eterna sapienza.

Ci aiuti la Vergine Maria, nostra Madre e Regina, e ci prenda per mano affinché mai smarriamo l’unico fine per cui vale la pena vivere e morire: il Paradiso.

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