Il Padre nostro, oltre ad essere una stupenda preghiera ispirata, che Gesù stesso ci ha insegnato, è anche un meraviglioso programma di vita cristiana che tutti noi dovremmo, anzi dobbiamo, fare nostro.
In esso è scritto dal dito onnipotente di Dio ciò che dobbiamo fare se vogliamo non sciupare la nostra esistenza e se vogliamo essere felici. Pertanto accogliere con fede questo programma di vita è essere lungimiranti. È vivere con sapienza soprannaturale l’oggi e prepararsi al contempo un futuro di grazia e benedizione, nel tempo e nell’eternità.
Ma cosa dice a noi di fare questo programma? Quali sono le indicazioni in esso contenute?
Anzitutto il programma ci comanda di vivere da figli di Dio, come singoli e come appartenenti alla comunità ecclesiale, familiare, sociale. Questo non per un obbligo esterno a noi, ma perché nel Battesimo il nostro essere è stato totalmente trasformato.
Per natura, e non per cultura, il cristiano è intimamente legato a Dio, perché è divenuto partecipe della natura divina e porta in sé un germe di vita eterna che va sviluppato al sommo delle sue potenzialità.
Per natura, e non per cultura, il cristiano deve custodire e alimentare il suo essere stato generato quale nuova creatura, capace di produrre i frutti dello Spirito Santo con cui manifestare al mondo la potenza della grazia di Dio che abita e opera in lui: «amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5,22). Sono questi i lineamenti del viso del cristiano, i tratti di quella bellezza celeste che il mondo deve poter vedere e contemplare nel suo modo di essere e di agire.
Il programma esige inoltre che si cammini in santità di vita. Questo vuol dire stare lontani dal male, vincere la tentazione in tutte le sue forme, estirpare giorno per giorno il peccato dal cuore e dalla mente, dall’anima e dal corpo, crescere nelle virtù in un progredire costante verso la perfezione.
La santità è essenza della vita cristiana, e dunque vocazione, chiamata, invito a diventare sempre più ad immagine del Figlio di Dio, l’Eterno, che vuole oggi continuare a salvare ogni uomo che vive sotto il cielo, ma attraverso il cristiano che è divenuto suo corpo nel Battesimo.
La santità passa poi per due vie coessenziali: l’obbedienza e la missionarietà.
L’obbedienza è alla volontà di Dio, alla sua Parola, alla mozione dello Spirito Santo. Non si cammina seguendo i propri istinti, i propri pensieri, le proprie vedute, ma seguendo le indicazioni che giorno per giorno vengono dall’Alto.
In questo tutti dovremmo crescere un po’ di più, imitando Gesù che passava lungo tempo in preghiera per capire bene ciò che il Padre suo gli comandava di dire e di fare. Se lui l’ha fatto, eppure era Dio, tanto più lo dobbiamo fare noi.
Siamo infatti ciechi e facilmente condizionabili. Ci lasciamo conquistare da false chimere e siamo degli artisti a combinare guai, per noi e per gli altri, a causa della nostra superbia e presunzione di essere padroni del mondo e gente capace di governare tutto e tutti.
L’obbedienza alla volontà di Dio non è sempre facile, ma è la via necessaria, il fondamento su cui dobbiamo costruire la nostra vita. Potremmo dire che essa è il fulcro su cui si regge tutto il programma esistenziale che stiamo esaminando.
La missionarietà è espressione – o dovrebbe esserlo – del nostro essere “carità” in Cristo. Il cristiano deve amare. Non ha altre vocazioni. Ma amare significa prendersi a cuore la salvezza di tutti, vicini e lontani, e fare quanto necessario perché tutti conoscano Cristo Gesù e il suo Vangelo.
Amare è essere luce del mondo e sale della terra, è essere lievito buono che fermenta la pasta con la sapienza di Cristo perché tutti abbiano in Lui la vita e l’abbiamo in abbondanza.
Vi è poi la seconda parte del programma che esige da parte di tutti di diventare strumenti della Provvidenza divina, redentori dei propri fratelli e delle proprie sorelle, soldati intrepidi e determinati che vincono, per grazia, la battaglia contro il male fino all’effusione del sangue.
Si è strumenti della Provvidenza divina se si consegnano a Gesù i propri cinque pani e due pesci e si condivide ciò che si è e si ha con gli altri, secondo la volontà di Dio.
Si è redentori del genere umano se si è disposti a salire sulla croce e da lì offrire se stessi al Padre celeste per espiare il peccato del mondo, nella grande misericordia che sa perdonare fino a settanta volte sette.
Si è soldati intrepidi di Cristo che vincono il male in tutte le sue forme se ogni giorno si prega nel Getsemani e si chiede allo Spirito Santo che scenda su di noi, con i suoi sette doni, e ci renda invincibili contro le potenze infernali che vorrebbero disintegrarci e condurci nelle tenebre eterne.
Non possiamo dilungarci in questa sede. Sarebbe bello approfondire ogni singola parte di questo meraviglioso programma di vita che il Padre nostro contiene. Se riusciremo a farlo, lo faremo più avanti, quando possibile e trovando la forma migliore.
Ciò che è importante per ora è comprendere che vale la pena accogliere questo programma di vita che non viene dagli uomini, ma da Colui che ci conosce e ci ama di eterno amore. Con il suo aiuto e sostenuti dalla grazia di Dio tutti possiamo riuscire a realizzare questo programma e di certo gusteremo i frutti di pace che esso porta con sé.
Ci aiuti in tal senso la Vergine Maria, nostra Madre e Regina, e ci ottenga ogni dono necessario dal Padre celeste perché nulla ci manchi per la nostra perfetta realizzazione esistenziale.
Clicca sul link seguente per la Liturgia della XVII Domenica del Tempo Ordinario (C)