Obbedienza senza visione previa

Obbedienza senza visione previa

Quando il Signore ci chiama a compiere la sua opera non dona a noi la conoscenza perfetta di tutto ciò che sarà il nostro cammino. Ci chiede di fidarci di lui, di ascoltare la sua voce, di eseguire ogni suo comando.

Ci chiede di credere che il suo occhio vede lontano, mentre noi siamo miopi e ciechi. Ci chiede di credere che la sua sapienza supera infinitamente la nostra stoltezza. Ci chiede di porre tutta la nostra vita nelle sue mani e di farci creta friabile che non oppone resistenza al divino Vasaio e si lascia modellare da lui lentamente, attimo dopo attimo.

Quel che voglio dire è che la fede è in qualche modo sempre un salto nel buio. È stato così per tutti e lo è per noi.

Pretendere di obbedire solo dopo aver saputo alla perfezione cosa accadrà non fa parte della dinamica della fede. Si ascolta, si crede, si vive. E tutto questo affidandosi pienamente alla misericordia e alla sapienza di Dio, con grande umiltà e senza fare i capricci.

Gli esempi che potremmo fare a tal riguardo sono tanti. Basterebbe pensare alla Vergine Maria, ad Abramo, alle diverse vocazioni profetiche e allo stesso episodio della pesca miracolosa che la Liturgia di questa Domenica pone dinanzi ai nostri occhi.

La Fanciulla di Nazareth non ha conosciuto tutto della sua vita in un istante prima di pronunciare il suo “Eccomi!”. Gabriele le ha detto l’immediato futuro, ma non tutto il cammino che l’aspettava, fatto anche di molte prove, come ad esempio l’episodio in cui Gesù rimase a Gerusalemme e il cuore di Maria conobbe la grande angoscia.

Abramo si mise in cammino senza sapere dove andava e più tardi salì sul monte per sacrificare il suo figlio Isacco senza farsi domande, ma obbedendo in tutto al comando ricevuto per quanto questo fosse umanamente incomprensibile.

Geremia seppe, al momento della sua vocazione, che gli avrebbero fatto guerra e non l’avrebbero vinto. Ma non gli fu rivelato in che termini e con quale furore tutto ciò sarebbe accaduto. Né tantomeno gli fu rivelata la durata della battaglia.

Isaia rispose con esemplare eroicità al desiderio di Dio che aveva bisogno di qualcuno a cui affidare la missione profetica per il bene del suo popolo. Fu purificato con carbone ardente, ma non gli fu detto sin dal primo momento tutto quello che gli sarebbe capitato.

E così Pietro, il pescatore di Galilea. Aveva faticato tutta la notte, mettendo in atto le sue notevoli conoscenze professionali, ma non aveva preso nulla. Eppure Gesù, proprio in quello stesso lago, gli chiese di prendere il largo e di gettare la rete, tra le altre cose in un orario non del tutto ottimale per la pesca.

Pietro credette, obbedì senza vedere le reti piene, e la Parola del Maestro si compì per lui.

La fede è virtù veramente essenziale per il cristiano. È la virtù che ci fa essere strumenti e al tempo stesso beneficiari dell’onnipotenza di Dio e del suo amore che salva, ma è virtù assai particolare.

Essa infatti richiede la cancellazione dei nostri pensieri, l’abbandono dei nostri schemi, la sospensione della nostra razionalità, il mettere da parte la nostra esperienza e la nostra storia, a volte anche il totale annientamento di noi stessi.

Essa è virtù umana che si riveste di perfetta trascendenza. Ma proprio per questo motivo ci rende capaci di consegnarci totalmente nelle mani dello Spirito Santo, di elevarci in Dio dalla nostra condizione contingente e limitata.

La fede ha il grande potere di rendere chi la possiede libero e leggero come le piume che si lasciano portare qua e là dal vento, anche se questo non è impetuoso. Ha il potere di rendere capaci di obbedire a ciò che umanamente parlando è inconcepibile, se non addirittura impossibile.

Della fede c’è bisogno se vogliamo che il Signore riempia le nostre reti di anime e doni senso alla nostra vita che altrimenti è semplicemente una vita sciupata. Le reti non le possiamo riempire noi con le nostre forze, perché sulle anime noi non abbiamo nessun potere. Esse sono di Cristo e lui le affida solo a chi ritiene adatto al ministero altissimo di custodirle, nutrirle, santificarle e guidarle ai pascoli erbosi della vita eterna.

O noi cresciamo nella fede e non pretendiamo di vedere prima i frutti dell’obbedienza oppure saremo sempre come Pietro prima della pesca miracolosa: ci affanneremo notte e giorno ma alla fine non concluderemo nulla, né per noi né per gli altri. Avremo sciupato tempo ed energie, perché non avremo creduto al Signore della storia nelle cui mani sono le sorti dell’umanità.

Che la Vergine Maria ci aiuti tanto e interceda per noi affinché, come Lei, crediamo senza vedere, obbediamo senza temere, ci consegniamo allo Spirito Santo senza tenere nulla per noi, con il coraggio di coloro che confidano ciecamente in Cristo Gesù e nel suo amore.

Clicca sul link seguente per la Liturgia della V Domenica del Tempo Ordinario (C)

 

La parola di questa settimana è: obbedienza cieca