Gesù chiede a noi la perfezione nell’amore perché sull’amore saremo giudicati.
Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi” (cf. Mt 25,31-46)
Ma cos’è l’amore? È la nostra risposta alla volontà di Dio che si fa servizio del fratello, di quanti Gesù mette sul nostro cammino, al nostro fianco. L’amore è prendersi cura dell’altro, è sentirsi responsabili della sua salvezza, personalmente chiamati da Dio a fare quanto è in nostro potere perché abbia la vita e l’abbia in abbondanza. L’altro dipende da noi. La sua salvezza è posta nelle nostre mani e se noi non amiamo, l’altro rimane nella sua miseria letale.
Gesù non si è preso forse cura di noi? Ci ha visti forestieri perché lontani da Dio, affamati perché senza verità, nudi a causa del nostro peccato che ci ha privati di tutto, carcerati nei nostri pensieri di morte, disidratati in un mondo in cui regna l’indifferenza più crudele, e ci è venuto incontro, si è fatto nostro fratello e nostro servo perché noi potessimo risorgere a vita nuova. Tutto questo Gesù ha fatto per amore, in maniera disinteressata e con un unico scopo: la nostra salvezza.
L’amore vero non resta a guardare. Sa intervenire con sapienza di Spirito Santo perché la vita nasca in ogni cuore.
Si badi tuttavia che l’agire di Gesù in mezzo a noi non è stato mai dettato o governato dalle esigenze e dalla volontà dell’uomo. L’amore di Gesù è stato amore obbediente al Padre e allo Spirito Santo che sempre, istante per istante, gli hanno indicato il da farsi. Questa caratteristica dell’amore di Gesù va messa in evidenza per non incorrere nell’errore di confondere l’amore soprannaturale con l’amore immanente.
Il primo salva e redime, converte ed è fonte di benedizione. Il secondo non serve perché non è gradito a Dio. L’amore soprannaturale è farsi strumenti del Padre celeste e sua provvidenza in mezzo agli uomini. È lasciare che sia lui ad agire attraverso di noi, dove e come lui desidera. Al contrario l’amore immanente è amore che non sa alzare gli occhi al Cielo e tutto fa per un vago sentimento umano o addirittura per un’auto esaltazione sterile e vana.
Se non cogliamo la differenza tra questi due amori, riduciamo la missione della Chiesa ad un assistenzialismo e nulla di più. La Chiesa non è però chiamata all’assistenzialismo. Ella deve manifestare, in ogni suo figlio, l’amore di Dio che converte il cuore e lo attrae a Cristo. Non si tratta cioè di soccorrere l’uomo e lasciarlo nel suo mondo, ma di proiettarlo nella sfera celeste, nei pensieri di Cristo, nella sua sapienza, nella sua Redenzione. Se equipariamo l’assistenzialismo all’evangelizzazione, smarriamo l’essenza della nostra identità. Ci sganciamo da Dio, lo escludiamo dalla storia, nulla facciamo per la sua gloria e per la salvezza dell’uomo.
Sull’amore saremo giudicati e non solo sulle opere della fede e sulla fruttificazione dei doni ricevuti. L’amore però deve nascere dal cuore di Cristo che batte nel nostro petto, che sente compassione per l’umanità derelitta e sofferente e sa vedere nel più piccolo dei fratelli il Crocifisso, che ci tende la mano e ci chiede di essere amato con semplicità. Amore e visione di fede sono dunque intimamente legati tra loro, ed è opportuno tenerlo presente per non smarrire il senso profondo dell’amore che sempre inizia dal cuore di Cristo e in esso trova il suo perenne compimento.
Al termine della vita saremo dunque giudicati: sulle opere della fede, sull’uso che avremo fatto dei nostri carismi e sull’impegno profuso per specializzarci in essi, sull’amore vero che nasce dalla fede e soccorre l’uomo per ricondurlo al suo Creatore, unica Fonte di vita e Sorgente purissima di pace vera. Ora che abbiamo le idee più chiare possiamo riprendere il cammino e dirigerci con maggiore consapevolezza verso il compimento del nostro pellegrinare terreno.
La Vergine Maria, Madre della Redenzione e Regina del Paradiso, apra i nostri occhi e ci ottenga la grazia di consumarci nell’amore per poter un giorno gioire con Lei nella gloria degli Angeli e dei Santi. Amen.
A questo link trovi la liturgia della Parola di questa XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (A)