La vita è il dono per eccellenza, che ci è stato fatto dal Creatore il giorno in cui lui ha deciso di farci venire alla luce.
Essa è sacra, perché viene da Dio, che ne è l’unico Signore. Nessuno può toglierla arbitrariamente e arrogarsi il diritto di sostituirsi all’Altissimo. Ogni omicidio, in qualsiasi forma esso avvenga, è contrario al comando che da sempre è stato dato all’uomo e che è stigmatizzato nel Quinto Comandamento: «Non uccidere» (cf. Es 20,1-17).
Persino la vita di Caino, uccisore del fratello innocente Abele, non può essere tolta. Va rispettata, sempre e comunque, perché neanche il peccato toglie all’uomo la sua altissima dignità di creatura “fatta ad immagine e somiglianza di Dio” (cf. Gn 1,26-27).
Da questa verità, che dice lo statuto ontologico dell’uomo e della donna, bisogna sempre partire. L’uomo non è una creatura qualsiasi. È la creatura più bella a cui il Creatore ha affidato il creato, chiamandolo a collaborare con Lui perché la sua sapienza avvolga l’universo.
Equiparare l’uomo ad un animale particolarmente intelligente è offendere la sua dignità. Negare la sua anima immortale è sacrilegio. Pensare che possa vivere al di fuori del “legame intimo e vitale” con il suo Creatore (cf. GS 19), è dire un falso storico. Considerare le altre creature superiori a lui, o degne di maggior rispetto, è fare ragionamenti privi di ogni razionalità.
Tuttavia, per comprendere quanto sia inestimabile il valore della vita umana vi è un solo modo: bisogna guardare il Crocifisso. Se gli occhi non hanno lui dinanzi, ogni teoria può essere confutata, anche quella più convincente.
È la fede che ci fa cogliere la preziosità della vita umana, perché ci fa cogliere il mistero che avvolge l’uomo e la donna.
Senza fede, senza Crocifisso dinanzi agli occhi, l’uomo non conosce se stesso, la sua verità, la sua essenza, la sua vocazione, il suo destino eterno. Svilisce il dono della vita che ha ricevuto e lo sciupa, esponendolo al peggiore dei ludibri.
È il Crocifisso che rivela a ciascuno di noi chi siamo e quale senso profondo abbia la nostra esistenza. Lui per noi, per ciascuno di noi, ha versato il suo sangue sulla croce sino all’ultima goccia. Tanto vale la vita dell’uomo e tanto è sublime il mistero che avvolge la nostra esistenza: il sacrificio cruento del Figlio dell’Altissimo.
Ma il Crocifisso non può rimanere per noi solo Creatore e Redentore. Deve diventare anche Signore, e questo è possibile solo se noi vogliamo.
La vita è preziosa, non ha prezzo, ma bisogna che ognuno di noi la ponga nelle mani di Gesù, dello Spirito Santo, della Chiesa. Solo così essa potrà sbocciare, potrà sviluppare tutte le sue potenzialità, che sono assai numerose.
Un’esistenza vissuta al di fuori dei Comandamenti e dell’obbedienza al Vangelo, è un’occasione per amare sciupata per sempre. La vita infatti è dono particolarissimo che ci è dato perché noi diventiamo in Cristo amore crocifisso, olocausto offerto al Padre celeste per la salvezza dell’umanità peccatrice e dell’universo intero.
La vita va accolta e custodita, ma anche consegnata a Colui che ne deve essere l’unico Signore. Solo così diventerà il tempo della semina, che permetterà a ciascuno di raccogliere i frutti di vita eterna che sono in essa riposti.
E questo discorso vale nella salute e nella malattia, nella gioia e nel dolore, nella pace e nella persecuzione.
Gesù ci ha dato l’esempio perché noi facciamo lo stesso. Sempre ha riposto la sua esistenza nelle mani premurose del Padre suo. Sulla croce non ha ritirato il suo “sì” eterno e morendo ha pronunciato le parole che dicono la sua fede, il suo amore, la sua consegna totale a Dio: «Tutto è compiuto. Padre, nelle tue mani, consegno il mio spirito» (cf. Gv 19,28-30).
Anche noi facciamo lo stesso! Consegniamo la nostra vita nelle mani di Gesù, sempre e comunque, e non sbaglieremo mai.
Ci aiuti la Vergine Maria, Madre della Redenzione, e ci ottenga la grazia di perseverare nella fede sino alla fine dei nostri giorni.
Clicca sul link seguente per la Liturgia della Domenica delle Palme (A)