L’invidia è, insieme alla superbia, peccato satanico per eccellenza. Essa dilania la comunità ecclesiale e umana, attenta alla sua stabilità e diventa ostacolo potente affinché possa esprimere le sue interiori potenzialità.
Giuseppe era un grande dono per i suoi fratelli, per la sua famiglia, per tutto il popolo. Eppure fu perseguitato, gettato in una cisterna, venduto agli Ismaeliti e sottratto con l’inganno a Giacobbe, che tanto lo amava. La sua storia deve farci riflettere seriamente, perché anche noi, se ci lasciamo governare dall’invidia, produciamo sofferenze indicibili in moltissimi cuori. E di fatto non ne abbiamo alcun diritto.
Mai dobbiamo dimenticare che di ogni sofferenza, prodotta in un’anima per la nostra invidia, dobbiamo rendere conto al Dio Altissimo e alla storia. E non ci sono sconti per nessuno.
L’invidia è il motore che muove Satana e quanti si lasciano da lui conquistare, e non lascia spazio ad alcuna mozione di Spirito Santo. Ciò che accadde nel Giardino dell’Eden ne è eloquente dimostrazione. Nessuno può dire che Satana ha voluto il bene dell’umanità. Lui ha voluto, vuole e vorrà sempre solo la nostra distruzione, la nostra morte, la nostra disperazione. In lui, e nei suoi discepoli, lo Spirito Santo non opera.
L’invidia è peccato contro Dio, contro il fratello, contro la comunione.
È peccato contro Dio perché non riconosce la sua sapienza eterna né la sua autorità suprema. Non riconosce che è Dio che stabilisce ruoli, ministeri, carismi, e dinanzi alla sua volontà non ci si deve ribellare. Piuttosto bisogna accoglierla in pienezza, senza fare storie di nessun genere.
Giuseppe aveva ricevuto dal Cielo il dono dell’interpretazione dei sogni. I fratelli avrebbero dovuto accogliere con gioia questa particolare benevolenza di Dio, gioire nello Spirito e mettersi a suo servizio per il bene di tutti. Invece lo hanno combattuto con tutte le forze. La loro fu grande stoltezza. Non ci sono giustificazioni né mai ce ne saranno.
L’invidia è peccato contro il fratello, contro quanti il Signore ci ha messo accanto. Essi non vengono visti dall’invidioso come un dono di Dio, ma come nemici, avversari, usurpatori di gloria umana che devono essere annientati. Costi quel che costi.
Chi pensa in questo modo come può dire di amare? Dice San Paolo: “la carità non è invidiosa, non manca di rispetto” (cf. 1 Cor 13). Ama chi rispetta il fratello, nel ruolo, ministero e carisma che il Signore gli ha dato e che il Signore vuole che occupi e metta a frutto.
Amore e rispetto non sono separabili, perché amare e rispettare significa vedere in ogni uomo un mistero altissimo che viene da Dio. Significa vedere tutto con gli occhi dello Spirito Santo e non con gli occhi della carne, della superbia, dell’invidia e della malvagità.
L’invidia è infine peccato contro la comunione. Essa separa e non unisce, crea divisioni e non unità, insinua sospetti e non aiuta a camminare insieme in quel rispetto reciproco che è arma vincente contro le forze del male.
Una comunità divisa non può contrastare l’impero di Satana. Può fare ben poco, perché manca quella sinergia che rende forte l’uno con la forza dell’altro. Non una forza umana, ma celeste, soprannaturale, legata al carisma personale di ognuno che non è delegabile.
La sfida da cogliere ogni giorno nella Chiesa, prima che altrove, è quella di creare comunione vera, profonda, sapiente. Una comunione che non scalza il Padre dei cieli, non si oppone risolutamente all’azione dello Spirito Santo, non rende vana la croce di Cristo.
La comunione non può essere costruita però sulle buone intenzioni né sulle parole dette al vento. Si costruisce sull’obbedienza alla volontà di Dio. Solo quando ci si sottomette a ciò che Lui stabilisce si diventa “un cuor solo e un’anima sola”. Se si fanno trionfare i propri pensieri, se si impongono i propri desideri sugli altri, se si sostituisce il Vangelo di nostro Signore con il vangelo degli uomini, non si può essere uniti. La divisione è inevitabile, perché Babele non può essere unita.
La Vergine Maria, che tanto ci ama e vuole la nostra salvezza, liberi ogni cuore dall’invidia e semini ovunque collaborazione sincera e comunione vicendevole in Cristo Signore.