Tra Gesù e i discepoli vi è una grande differenza che emerge in ogni pagina del Vangelo: Gesù conosce pienamente la volontà che il Padre celeste ha su di lui, mentre i discepoli sono immersi nei loro pensieri e in quelli del mondo. Essi sono distratti dalla mentalità comune e non riescono a comprendere le parole del loro Maestro. Le vedono parole oscure, dal significato misterioso, difficili da interpretare ma anche da accogliere nel proprio cuore come parole di vita eterna.
«Partiti di là, attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: “Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà”. Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo» (Mc 9,30-32).
Gesù è consapevole di ciò che gli accadrà. Sa bene che per portare a compimento la sua missione dovrà venire consegnato nelle mani degli uomini per essere ucciso e poi risorgere al terzo giorno. Questo è il progetto che il Padre celeste ha scritto su di lui. Non ve ne sono altri. Solo in esso è la salvezza. Per questa sua fede Gesù non si tira indietro e si dirige risolutamente verso Gerusalemme dove la perfezione nell’obbedienza sarà raggiunta.
I discepoli invece camminano e basta, ma non sono ancora stati guariti dalla loro cecità che li rende incapaci di amare veramente, tanto da renderli desiderosi di avere il primo posto secondo gli uomini e non secondo Dio.
Se pensassimo, anche solo per un istante, che Gesù camminasse senza la scienza perfetta del suo mistero – che è mistero di morte e resurrezione – distruggeremmo la Redenzione. Essa infatti si realizza nel dono di sé a Dio; ma non nel dono inconsapevole, perché un dono inconsapevole non è dono. Manca ad esso l’amore, che lo rende autentico e fecondo.
Gesù ha offerto, nell’eternità e nel tempo, se stesso al Padre sapendo ciò che questo significava. La croce era sempre dinanzi ai suoi occhi come orizzonte esistenziale da cui non era possibile prescindere in una logica redentiva. Croce e dono di sé, croce e amore, croce e salvezza erano, sono e saranno sempre un unico mistero per chi vuole essere discepolo di Gesù.
Che la consapevolezza sia essenza del dono in ordine alla Redenzione è verità che sempre dobbiamo porre sotto la nostra attenzione. Se perdiamo questa dimensione della vita cristiana, non siamo utili a Dio. Manca la nostra piena collaborazione, la nostra disponibilità, il nostro “sì” al suo progetto di amore, il nostro cuore.
Ciò significa per noi che non possiamo rimanere nell’ignoranza. Dobbiamo conoscere sempre meglio il mistero che Dio vuole realizzare con noi. E questo accade solo se conosciamo sempre di più il mistero di Cristo, rivelato a noi in tutta la Sacra Scrittura, alla luce del quale dobbiamo leggere e interpretare il mistero della storia e della nostra vita. Solo così potremo giorno per giorno, sorretti dallo Spirito Santo e dalla Chiesa, lasciare che Cristo viva in noi e continui la propria opera salvifica nel tempo.
La vita cristiana ha bisogno di tale conoscenza perfetta, altrimenti fallisce miseramente. Essa è al tempo stesso conoscenza di Cristo e conoscenza del cristiano nel suo mistero personale, unico e irripetibile, che ha nel cuore del Padre celeste le sue ragioni.
Certo, va detto che la conoscenza da sola non basta. Bisogna che ad essa si aggiunga l’accoglienza del mistero che deve diventare vita vissuta. Anche in questo spesso siamo molto difettosi, se non addirittura lontani dalla verità.
Come i discepoli rischiamo di preferire altre vie che non siano quelle della croce e della resurrezione. Vorremmo la resurrezione ma senza la croce, un Cristo glorioso e non crocifisso, un cristiano benedetto ma non obbediente a Dio. Questo non è possibile. È mancare di fede e non lasciarsi guidare dalla sapienza celeste.
Il mistero va conosciuto e realizzato, altrimenti non è più il mistero di Cristo e del cristiano, e non può produrre salvezza. Gesù non solo sapeva di andare a Gerusalemme per essere ucciso e poi risorgere al terzo giorno. Ci andò anche. I suoi non furono semplici proponimenti. Furono vita vissuta.
Conoscenza e accoglienza del mistero della salvezza sono pertanto inscindibili, sono tra loro saldate e non più separabili. Manca l’una, muore l’altra e viceversa. Esse sono dono e opera dello Spirito Santo in noi, e se vorremo, potremo farle nostre, giorno per giorno e secondo quella gradualità che è nelle mani di Dio.
La Vergine Maria, Donna del mistero, ci aiuti e ci assista soprattutto quando avanzano la paura e l’indecisione, acerrime nemiche della vita cristiana autentica.
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