Sono sceso a liberarlo

Sono sceso a liberarlo

La schiavitù del popolo ebraico, dovuta alla tirannia spietata degli Egiziani, fu un tempo di grande tribolazione per piccoli e grandi. Si era oppressi, umiliati, sfruttati e usati come bestie da soma perché fossero esauditi i desideri di un Faraone idolatra e accecato dalla superbia.

Le lacrime che furono versate furono sicuramente tante e grande fu l’angoscia, così come la preoccupazione del cuore e i mille pensieri che affollavano la mente.

Tuttavia quel popolo non fu schiacciato per sempre, non fu abbandonato a se stesso, anche se dovette attraversare quella prova tanto dura e per certi versi paradossale.

Al momento opportuno l’Onnipotente intervenne con mano potente e braccio teso (cf. Es 6,6.13,9), salvò gli oppressi e travolse nelle acque del Mar Rosso gli oppressori che pensavano di poter competere con Lui.

Un particolare, tuttavia, è necessario che noi cogliamo in tutta la sua bellezza: il Signore intervenne, ma perché il suo popolo lo invocò con fiducia, notte e giorno e senza stancarsi. Quel popolo oppresso e sofferente ebbe la forza di gridare al suo Dio e Lui dal Cielo ascoltò quel gemito di dolore.

Lo si deduce dalle parole che Dio stesso disse a Mosè e che è bene mettere nel cuore per poter imparare a fare lo stesso nei momenti in cui tutto sembra perduto per noi:

«Il Signore disse [a Mosè]: “Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele”» (Es 3,7-8).

In queste parole vi è tutta la misericordia del Padre celeste che si prende cura dei suoi figli e delle sue figlie; fa loro conoscere il crogiuolo della grande sofferenza, ma non si dimentica di loro e ascolta sempre il loro grido di aiuto.

Da queste parole nasce per noi tutti una grande speranza: le tempeste della vita, anche quelle più violente, si possono superare, perché dal Cielo vigila sulla nostra fragile esistenza Colui che tutto può e che sa liberarci da ogni male.

Il Padre celeste vede la nostra miseria, ode il grido del nostro cuore, conosce le nostre sofferenze, sa asciugare ogni lacrima che solca il nostro viso. Lui ci ama di eterno amore e non sopporta che noi veniamo schiacciati dal peso della croce che a volte diventa insopportabile. Lui ci ama di eterno amore e ci prende per mano perché non ci scoraggiamo, non veniamo meno lungo il cammino, ci rialziamo da ogni caduta e ci dirigiamo con fiducia verso il compimento della nostra esistenza che è a Gerusalemme, sul monte Calvario, e poi, un giorno, in Paradiso.

Il Padre celeste ha tempi che noi non sempre possiamo conoscere o comprendere, ma ad un certo punto della storia “scende a liberarci”, se noi confidiamo in lui e desideriamo servirlo in santità e giustizia.

L’esperienza sofferta del popolo ebraico e la sua liberazione prodigiosa che meditiamo in particolare nel tempo pasquale, sono per noi paradigmatiche. In esse vi è la nostra vita, la nostra esistenza avvolta da un mistero insondabile, il nostro pellegrinare in questa valle di lacrime verso la Terra promessa, preparata per coloro che fondano la loro casa sulla roccia della Parola di Dio e perseverano sino alla fine dei loro giorni nel compimento di tutta la volontà di Dio.

Anche noi siamo spesso messi alla prova, sentiamo il peso della nostra umanità che non di rado è più che mille faraoni, dobbiamo combattere contro i diavoli dell’Inferno e i loro alleati, ci scontriamo con ostacoli di ogni genere, camminiamo in un deserto colmo di serpenti e scorpioni velenosi, ma possiamo riuscire a raggiungere la meta, perché non siamo soli e il Signore degli Eserciti e pronto a venire in nostro soccorso.

Dobbiamo però anche noi, come gli Ebrei, alzare gli occhi al Cielo, pregare come Gesù nel Getsemani fino a sudare sangue, imbracciare la corona del Santo Rosario e sostenerci a vicenda con pazienza e amore, e allora riusciremo a vincere contro gli eserciti più potenti, terreni o infernali che siano, perché nessun faraone può sconfiggere Gesù di Nazareth e quanti sono suoi discepoli e testimoni nel mondo.

In questi tempi difficili e assai complicati, in cui pandemie e guerre fratricide turbano e vorrebbero stancare il nostro spirito, non dobbiamo venire meno. Mai e poi mai. Non dobbiamo cedere il passo allo sconforto e alla rassegnazione, ma dobbiamo guardare in avanti con fiducia e alzare gli occhi al Cielo perché il Signore, che vede le nostre sofferenze e la nostra buona volontà, scenda a liberarci e ci conceda giorni di pace in cui poter edificare il suo Regno di giustizia e pace.

Sosteniamoci dunque nella fede e rinvigoriamo le ginocchia infiacchite (cf. Eb 12,12-13), perché dopo ogni tempesta viene la bonaccia per coloro che credono in Cristo e si lasciano condurre dal suo Santo Spirito verso la verità tutta intera.

Ci aiuti nel cammino la Vergine Maria, nostra Madre e Regina, e renda la nostra preghiera potente presso il suo divin Figlio affinché possiamo risorgere con lui a vita nuova, quali figli redenti e vittoriosi su ogni male.

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