Il Sacerdote e la sua mediazione salvifica – XVIII Domenica Ord (C)

Il Sacerdote e la sua mediazione salvifica – XVIII Domenica Ord (C)

C’è una sottile somiglianza tra l’atteggiamento di Marta, di cui la Liturgia ci ha parlato qualche Domenica fa, e l’uomo che oggi va da Gesù e dice: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità» (Lc 12,13).

Entrambi infatti – seppure in circostanze e modalità diverse – pretendono che la loro volontà sia approvata da Cristo Signore e imposta agli altri come volontà di salvezza.

È facile comprendere che l’errore è grave. Gesù è visto da loro come “mediatore” autorevole, ma non secondo la fede, bensì secondo le proprie convenienze umane, i propri interessi, le proprie preoccupazioni che poco hanno a che fare con le esigenze del Regno di Dio.

Sia Marta che quest’uomo non chiedono a Gesù il da farsi; vogliono piuttosto che sia lui ad agire secondo il loro cuore. Lo chiamano “Maestro” ma non lo considerano come tale, perché in realtà loro non sono disposti a lasciarsi istruire da lui, a lasciare che sia lui a correggere i loro pensieri e che sia lui a indicare il giusto rapporto con beni della terra e tutto ciò che li riguarda. Marta e quest’uomo si lasciano sopraffare dagli affanni e perdono di vista ciò che conta veramente: il vivere nello stato di grazia, il camminare nella perfetta obbedienza a Dio, l’essere liberi da tutto e tutti pur di custodire la propria vita nel Vangelo. La correzione di Gesù ai due è per certi versi simile.

Alla sorella di Maria e di Lazzaro Gesù disse: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta» (Lc 10,41-42).

All’uomo che oggi si reca da lui così risponde: «”O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?”. E disse loro: “Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede”» (Lc 12,14-15).

I tempi però non sono cambiati. Infatti la stessa cosa oggi capita più volte in molti ambiti e in particolare in quello ecclesiale in cui si vorrebbe un Sacerdote alla maniera umana che risolva le questioni umane e non si preoccupi di insegnare le cose celesti.

Il Signore lo chiama ad essere mediatore della volontà di Dio e invece lo si vuole mediatore della volontà degli uomini, esperto propinatore del pensiero del mondo, abile negoziatore negli affari della terra.

Non pochi cristiani oggi hanno con il Sacerdote un rapporto errato, perché svuotato della sua soprannaturalità. Non lo vedono come uomo avvolto da un mistero altissimo per condurre gli altri nel mistero di Cristo, ma piuttosto lo vedono come un ufficiale del sacro, posto a capo di una Parrocchia e pertanto unico capace di compiere taluni atti giuridici o celebrare particolari riti. Nulla di più.

È il segno che si è caduti dalla fede. Si è perso il legame con il trascendente e di tutto si vuole fare un fatto umano, terreno.

Di chi è la colpa? E soprattutto, cosa si può e si deve fare per risolvere questo problema quanto mai delicato? Senza fare processi a nessuno – non è questo il nostro compito né la nostra intenzione – bisogna che ognuno si faccia l’esame di coscienza e recuperi la verità del Sacerdote secondo Dio, secondo Cristo Signore, secondo la millenaria tradizione della Chiesa cattolica. Questo vale per i laici, i consacrati, ma anche gli stessi ministri ordinati di ogni ordine e grado, perché tutti abbiamo mancato in qualcosa, in un modo o in un altro.

La situazione attuale, da questo punto di vista, non è delle migliori e non serve farsi false illusioni. È necessario arginare la mentalità dilagante che esclude il Sacerdote dal processo salvifico e tutti dobbiamo fare qualcosa, perché se l’identità e la missione del Sacerdote sono banalizzate, se vengono disintegrate, se si dichiarano opzionali o addirittura inutili, tutta la dinamica dell’evangelizzazione entra in crisi.

Il Sacerdote è in Cristo mediatore necessario di salvezza e nessuno che voglia divenire pienamente partecipe dei frutti della Redenzione può fare a meno di lui. Questo linguaggio per molti è duro e appare esagerato, ma è il linguaggio della Sacra Scrittura, della Tradizione della Chiesa Cattolica, di quanti hanno seguito le orme di nostro Signore e si sono lasciati ammaestrare da lui, divin Maestro.

La Vergine Maria ci aiuti ad aprire gli occhi e non permetta che il pensiero del mondo ci conquisti.

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