L’opera grandiosa che Gesù ha compiuto con la sua morte e resurrezione è la Redenzione. Essa è unica e irripetibile. È frutto mirabile dell’onnipotenza divina e del grande amore che Dio ha per noi e che lo ha spinto ad offrire in sacrificio di soave odore, sull’altare della croce, il suo Figlio unigenito per la nostra salvezza.
L’Innocente, il tre volte Santo, il Dio che si è fatto uomo nel seno purissimo della Beata Vergine Maria per opera dello Spirito Santo, ha versato per noi il suo sangue e ha pagato il prezzo del nostro riscatto che nessun altro poteva pagare.
La Redenzione non ha eguali né mai ne avrà. Nessuno mai sulla Terra e nel Cielo potrà realizzare qualcosa di più grande, per ciò che essa è e per i frutti che ha generato e continua a generare. Contemplando la grandezza di una tale opera, che solo il Signore poteva concepire e portare a compimento, dovremmo tutti prostrarci dinanzi al trono dell’Altissimo per implorare misericordia e consegnare a Lui tutto il nostro essere.
Ma in cosa consiste la Redenzione e perché è tanto importante per noi? Quali sono i frutti particolarissimi di cui diventiamo partecipi per grazia, volontà e fede?
Volendo in maniera sintetica rispondere a tali domande diciamo che la Redenzione ha due aspetti fondamentali: essa è liberazione e guarigione.
È liberazione dalla schiavitù del peccato e della morte, e prima di tutto dal Demonio che sempre tenta di imprigionarci nella rete della menzogna, di cui è maestro e autore, per trascinarci con sé nelle tenebre dell’Inferno.
Redimere significa liberare, riscattare da colui che ti ha fatto suo schiavo e ti ha privato della libertà. Significa liberare dal Faraone che milita nelle nostre membra e non di rado governa i nostri pensieri, sentimenti e desideri. Un Faraone astuto, spietato, agguerrito, intraprendente più di chiunque altro. Un Faraone che ha l’esercito più potente di tutto l’Universo creato.
Deve essere chiaro, sommamente chiaro, che questo Faraone nessuno al mondo avrebbe potuto né potrebbe sconfiggerlo. Come dice il profeta Geremia «il Signore ha riscattato Giacobbe, lo ha liberato dalle mani di uno più forte di lui» (Ger 31,11). Satana infatti non è un uomo. È un angelo decaduto che con la sua forza e intelligenza, se non fosse per la misericordia di Dio che ci assiste e ci protegge, ci inghiottirebbe vivi in un solo istante.
Noi pensiamo di poterlo sfidare. Pensiamo di poter giocare con lui. Pensiamo di riuscire a sfuggire alle sue trappole infernali. Ma dovremmo rivestirci di umiltà e riconoscere che non è in nostro potere la vittoria contro di lui. A meno che, con sapienza e costanza, preghiamo giorno e notte affinché l’onnipotenza divina venga in nostro soccorso e ci salvi.
Redimere significa liberare da quella oppressione che ci toglie il fiato e genera nel nostro cuore e nella nostra mente stanchezza, sfiducia, smarrimento e disperazione, un’oppressione dalla quale nessuno di noi potrebbe uscire con le sue sole forze.
Se comprendessimo quanto grande è stato l’amore che Gesù ha avuto per noi quando ha offerto se stesso sulla croce per liberarci dal nostro nemico, verseremmo lacrime di sincero pentimento e immensa gratitudine. Eravamo schiavi – e lo siamo ancora se non camminiamo in grazia di Dio – e il Figlio dell’Altissimo ci ha redenti nella sua misericordia, pagando il prezzo del nostro riscatto con la sua indicibile sofferenza.
Ma la liberazione di cui parliamo è molto di più di una semplice liberazione esteriore. Essa è liberazione ontologica, che tocca le profondità della natura dell’uomo. È guarigione vera e propria.
Infatti, oltre al Faraone che giorno e notte ci muove guerra con il suo esercito potente, patiamo tutti le conseguenze deleterie del peccato originale e di quello attuale che sconvolgono le fibre del nostro essere. Quanta fragilità! Quanta pigrizia! Quanta caparbietà! Quanto odio e sete di vendetta! Quanta ribellione contro tutto e tutti! Quanta insoddisfazione e quanta inquietudine!
Il peccato – che diventa vizio e si fa struttura esistenziale, sociale, culturale e persino ecclesiale – abita in noi, prima che negli altri, e fa sentire tutto il suo potere devastante. Vorremmo fare il bene che vediamo, ma molte volte non ci riusciamo e scegliamo il male. Vorremmo essere luce, e invece siamo tenebra. La nostra è una condizione davvero misera, perché avvolta dalla morte in tutte le sue declinazioni.
Saremmo tutti rovinati e senza speranza. Ma il Signore è venuto in nostro soccorso e con il suo amore che redime ci ha fatto nuove creature, se lo vogliamo. Da qui il canto di riconoscenza che dovremmo elevare al Cielo con San Paolo: «Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore!» (cf. Rm 7).
La Redenzione è opera meravigliosa, unica e grandiosa. Essa è frutto dell’amore sapiente di Dio che ha pensato e realizzato la nostra salvezza e che ci invita a lasciarci liberare e guarire dalla sua onnipotenza.
Apriamo a Lui il nostro cuore, senza paura e senza esitare neanche per un istante! Ne vale la pena, perché assaporeremo così quella gioia perfetta che nasce dall’armonia del nostro essere rigenerato dalla sua grazia e dalla comunione di vita con l’eterno Amore che tutto può nella sua onnipotente misericordia.
Ci aiuti la Vergine Maria, Madre della Redenzione, dal cui seno purissimo nasciamo a vita nuova quali figli redenti in Cristo Gesù, liberi dalla schiavitù del male e capaci di amare nella verità e nella giustizia.