“E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce” (Mt 17,2).
La trasfigurazione di Gesù sul monte è stato un momento forte che ha segnato in profondità la vita e la missione di Pietro, Giacomo e Giovanni. Costoro – seppure per brevissimo tempo – videro il loro Maestro avvolto nella sua gloria divina e ne rimasero conquistati. Quella visione si impresse a caratteri cubitali nel loro cuore e con essa la voce del Padre celeste che li invitata ad ascoltare Gesù, senza timore e senza alcuna reticenza.
Sappiamo che questo accadde perché loro non erano ancora disponibili a mettere da parte i loro pensieri per fare propri quelli di Dio. Seguivano Gesù con il corpo ma non con la mente, il cuore, l’anima. E una sequela del genere non può portare lontano. È una sequela assai imperfetta, costruita sulla sabbia dell’insicurezza umana che prima o poi si ferma dinanzi agli infiniti ostacoli che si incontrano nella missione di salvezza a cui tutti siamo chiamati.
Se Pietro, Giacomo e Giovanni non avessero contemplato lo splendore divino di Gesù e ascoltato la voce possente del Padre che lo ha generato nell’eternità, sarebbero stati come quel terreno sassoso della parabola del Seminatore che non è capace di portare a termine la maturazione del seme della Parola di Dio perché viene meno dinanzi alle persecuzioni e alle tribolazioni dovute alla testimonianza evangelica in un mondo di tenebra che rifiuta il Vangelo (cf. Mt 13,5-6.20-21).
La trasfigurazione di Gesù sul monte insegna a tutti noi che la perseveranza è elemento essenziale della vita cristiana. Iniziare il cammino e fermarsi lungo la via non serve. È tempo perso, fatica sprecata, è un essere sconfitti sul ring dal nostro nemico che ci lavora ai fianchi e riesce alla fine a farci cadere a tappeto.
Nasce dunque a questo punto una domanda: come possiamo anche noi perseverare sino alla fine? Di cosa abbiamo bisogno perché combattiamo con grinta ogni giorno senza stancarci e non ci lasciamo sopraffare dai colpi spietati del nostro avversario?
La risposta è una e una sola: anche noi, come Pietro, Giacomo e Giovanni, abbiamo bisogno di momenti forti di spiritualità che rafforzino la nostra fede, alimentino la nostra carità, ravvivino la nostra speranza. Tali momenti sono per noi quanto mai necessari. Se non ce li procuriamo, o se non sappiamo accoglierli con riconoscenza quando ci vengono proposti, ci stancheremo lungo la via. Le nostre forze verranno meno e non ci rialzeremo più.
Momento forte di spiritualità è prima di tutto la Santa Messa. È allora che lo Spirito Santo può investirci con l’impeto soave della sua grazia e raddrizzare i nostri pensieri, donare conforto alla nostra anima non di rado abbacchiata, ristorarci nella calura della missione. La Santa Messa è per noi più che mille Monti Tabor, se però la viviamo con fede, con la giusta disposizione d’animo, con la consapevolezza che essa è un incontro di grazia con il Cielo che vuole rinnovare la nostra esistenza. Chi vuole perseverare sino alla fine e non cadere a tappeto deve imparare a non sciupare la Santa Messa poiché da essa dipende ogni crescita spirituale per piccoli e per grandi. Pensiamoci un istante: Pietro, Giacomo e Giovanni hanno visto Gesù nella sua gloria divina. Noi Gesù lo mangiamo! L’Eucaristia è lui, è lo stesso Gesù che si è trasfigurato sul monte e noi possiamo tenerlo un istante tra le mani per poi nutrirci di lui, della sua divinità, della sua umanità che redime la nostra umanità, della sua carità crocifissa e della sua stessa vita. Altro che Monte Tabor! La Santa Messa è molto di più.
Vi è poi la Catechesi che è anch’essa un evento di grazia da non sottovalutare in nessun modo e in nessun caso. È vero, essa dipende molto da colui che parla e dunque dal Sacerdote. Ma se vissuta con lo spirito giusto essa porta molto giovamento all’anima e allo spirito. La Catechesi è occasione privilegiata per far sì che il Segno dei segni, e cioè l’Eucaristia, non rimanga un segno muto che lascia il cristiano nell’inconversione del cuore. È nella Catechesi infatti che diventa possibile entrare in dialogo con Gesù Maestro e lasciare che sia lui a fugare ogni dubbio, ogni pulviscolo di ignoranza riguardo al suo mistero, ogni discrepanza tra la verità della sua essenza e le mille immaginazioni del nostro cuore. La Catechesi va amata, apprezzata, desiderata. Se oggi tanti cristiani sono incapaci di testimonianza e cadono a tappeto sotto i fendenti del nemico, è perché non ci si forma e non ci si lascia formare da coloro che Gesù ha posto come pastori in mezzo al suo gregge.
Vi è poi infine la preghiera personale. Su questo argomento ci sarebbe tanto da dire ma non ne abbiamo il tempo in questa sede. Notiamo però che San Luca precisa che la trasfigurazione di Gesù avvenne sul monte mentre Gesù pregava (cf. Lc 9,28-36). Questo particolare non è certo di secondaria importanza perché ci fa comprendere che anche per noi può succedere la stessa cosa. Se amiamo la preghiera, se gustiamo la preghiera, se ci ritagliamo momenti di solitudine dal mondo e di intimità con il Cielo, anche noi possiamo sperimentare la presenza soave del nostro Maestro che non è un concetto teologico, ma Persona viva e vera che vuole parlare al nostro cuore e attrarci a sé perché il mondo non possa avere potere su di noi.
La Vergine Maria, Donna orante e coraggiosa Testimone del Vangelo, ci insegni a contemplare il suo divin Figlio, ad ascoltarlo mentre parla al nostro cuore, a mangiarlo con fede nell’Eucaristia, a renderlo visibile nella nostra carne nello splendore sublime del Vangelo che il mondo ha dimenticato.
Per la liturgia della Domenica 6 agosto 2017 (Trasfigurazione) clicca qui