Paolo e Barnaba, Apostoli itineranti – V Pasqua (C)

Paolo e Barnaba, Apostoli itineranti – V Pasqua (C)

La missionarietà è una nota caratteristica della Chiesa, poiché Gesù stesso, prima di salire al Cielo, ha dato ai suoi Apostoli un comando preciso da osservare sino alla fine dei tempi: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato» (Mc 16,15-16).

Alla Resurrezione di Cristo, prodigio stupendo dell’onnipotenza divina, bisogna che segua l’altro prodigio e cioè la testimonianza di coloro che hanno creduto e credono in Lui, di Pietro e dei suoi compagni, di coloro che nella successione apostolica hanno la responsabilità di far conoscere a tutti la lieta novella finché non verranno “cieli e terra nuovi”.

Ma cosa deve fare di preciso il missionario, e dunque il cristiano, per obbedire al comando del suo Signore che lo manda per mari e per monti a «predicare a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati» (cf. Lc 24,45-53)?

Paolo e Barnaba sono in tal senso di grande aiuto per tutti noi che desideriamo rispondere a tale domanda.

Anzitutto è interessante notare che essi lavoravano insieme, si sostenevano a vicenda, erano capaci di operare in sinergia tra loro e non solo con lo Spirito Santo. Vivevano in fondo secondo il comando del divin Maestro che mandava i suoi Apostoli a due a due nel mondo e non da soli, perché insieme si è forti, da soli si è vulnerabili e assai fragili.

Paolo e Barnaba non erano né gelosi né invidiosi. Non cercavano la loro gloria, ma piuttosto quella di Dio. Sapevano completarsi a vicenda, mettendo in comunione i doni ricevuti e mostrandosi così come veri discepoli di Gesù, riconosciuti tali dal mondo e dalla Chiesa, secondo la Parola del loro Signore: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35).

Paolo e Barnaba sono presentati inoltre negli Atti come Apostoli itineranti. Si spostavano di città in città, di regione in regione, e percorrevano chilometri e chilometri in mezzo a tanti pericoli che gli venivano prima di tutto dai Giudei che non si volevano aprire alla fede.

Paolo e Barnaba erano davvero Pastori amorevoli che andavano in cerca dell’uomo da salvare. Non se ne stavano con le mani in mano, affossati nelle comodità di una vita agiata, ma vivevano con nel cuore lo zelo missionario. Essi sapevano che erano tanti coloro che non avevano nemmeno sentito parlare di Gesù, e perciò facevano di tutto per aiutarli ad essere liberati dall’ignoranza delle cose del Cielo che ingabbia la mente nei pensieri umani e fomenta l’idolatria.

Perciò non disdegnavano di mettersi in cammino, di andare incontro all’uomo da redimere per trovarlo prima che fosse troppo tardi. In un certo senso viene da pensare a Paolo e Barnaba animati dalla santa fretta della Vergine Maria che andò dalla cugina Elisabetta, senza perdere un solo istante, o come i pastori che “senza indugio” si recarono alla capanna, non solo per vedere il Bambino avvolto in fasce in una mangiatoia, ma anche per rendere testimonianza ai presenti di quanto avevano detto loro gli Angeli nella notte santa di Betlemme.

E appena trovavano l’uomo da salvare cosa facevano i due Apostoli itineranti? Gli davano la ricchezza dall’inestimabile valore: il Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo.

Lo facevano con sapienza di Spirito Santo, con proprietà di linguaggio, con una sana insistenza, senza mezzi termini, con il coraggio di chi sa che non serve a nulla parlare di “favole artificiosamente inventate”, perché la favole illudono, mentre il Vangelo converte, cambia la vita. Basta leggere gli Atti degli Apostoli e ci si accorge facilmente di quanto la predicazione di Paolo e Barnaba fosse capace di trafiggere il cuore degli uditori per condurli a conversione, per aiutarli a ravvedersi da una condotta peccaminosa e lontana dai pensieri di Dio. Loro non avevano paura di essere sputati, derisi, insultati e lapidati. Erano forti e decisi a diradare le tenebre dell’errore che albergavano in tanti, al fine di demolire l’idolatria che impediva di percorrere la via che conduce a salvezza.

Per questo il Signore li accreditava con segni e prodigi, li custodiva dai loro persecutori, li benediva e dava loro molti discepoli. La forza di Paolo e Barnaba era il loro grande amore per Gesù, la loro spada era il Vangelo, il loro scudo la preghiera ininterrotta, il loro segreto la perfetta obbedienza alla volontà di Dio.

È di questi Apostoli che la Chiesa ha bisogno oggi come ieri, perché solo una tale stirpe può generare figli a Dio. Il mondo è vasto, molto vasto, e tanti sono coloro che ancora non conoscono la Verità, ed è per questo che anche noi dobbiamo andare a cercare le anime da condurre a Cristo, senza lasciare spazio alla pigrizia e senza mai pensare di non poter far nulla, perché non è così, in quanto tutti, ma proprio tutti, possiamo fare tanto per la causa del Regno dei cieli.

Imitiamo dunque Paolo e Barnaba per quanto ci compete e preghiamo giorno e notte il Padrone della messe affinché chiami e costituisca ancora oggi tanti Apostoli coraggiosi, missionari e zelanti, che abbiano nel cuore un amore grande per le anime da salvare.

Interceda per noi la Vergine Maria, nostra Madre e Regina, e presenti al suo Figlio Gesù le esigenze e le urgenze della Chiesa dei nostri tempi affinché svolga in pienezza la missione affidatale dal suo Fondatore e Signore.

 

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