La gioia di vivere – IV Quaresima (C)

La gioia di vivere – IV Quaresima (C)

La gioia di vivere è nel rimanere nella casa del Padre, cioè nell’obbedienza alla volontà di Dio, alla sua Legge, ad ogni pagina del Vangelo.

Vi è infatti un contrasto evidente, nella parabola del figliol prodigo, tra la tristezza dello stare in mezzo ai maiali e la gioia che regna nella casa del Padre, quando si fa festa per il ritorno del figlio pentito (cf. Lc 15,11-32). Questo clima diverso, possiamo dire opposto, è evidente. I cinque sensi ne sono come coinvolti. Basta provare ad immergersi con l’immaginazione nei due ambienti per un istante e tutto appare chiaro.

Nel porcile si ode il grugnito dei maiali simile alle grida dei dannati dell’Inferno, si percepisce il loro fetore nauseabondo, salta agli occhi il luridume del fango e dei loro escrementi, si tocca e si assapora l’amarezza di una condizione miserevole, avvolta da tristezza e angoscia.

Nella casa del Padre invece si odono la musica e le danze, si vede la gioia di essere amati che illumina gli sguardi, si sente il profumo dei cibi e della dignità ritrovata, si assapora la pace del cuore che riempie l’anima, si sperimenta la misericordia di Dio che trionfa sulla morte e sul peccato.

Oggi è questo che bisogna insegnare: la gioia di vivere è solo in Dio, nella casa del suo cuore che è il cuore di Cristo, cuore del Padre, cuore dello Spirito Santo, cuore della Vergine Maria, cuore della Chiesa, cuore del Vangelo. È lì e soltanto lì che si respira la pienezza di un’esistenza veramente umana e proiettata verso l’eternità. È lì e soltanto lì che si sperimenta l’amore vero che è il desiderio profondo e la vocazione di ciascuno di noi.

Quando usciamo dalla casa del Padre, per vivere in autonomia la nostra esistenza, ci facciamo del male. Il peccato ci fa perdere la pace, e tale perdita si percepisce nella propria interiorità. Si può anche voler far finta di niente. Si può tentare di rimuovere ogni senso di colpa e sentimento di disagio, utilizzando tecniche apposite. Si può addirittura arrivare a soffocare la verità nell’ingiustizia (cf. Rm 1,18). Ma il fatto oggettivo rimane e nessuno mai potrà cancellarlo: quando l’uomo pecca ferisce la sua anima che inizia a sanguinare e diventa perciò sempre più debole, fino a giungere ad una lenta e miserevole agonia.

Nulla è più come prima, e se il peccato è mortale pian piano dalla tristezza si passa ad una condizione peggiore, sino ad arrivare all’angoscia. Ognuno può pensare ciò che vuole, ma è questa la ragione profonda di tanto disagio esistenziale che oggi avanza e a volte porta anche alla disperazione.

Per tale motivo la Chiesa, in ciascuno dei suoi figli, ha il dovere di gridare con San Paolo: «vi scongiuro, lasciatevi riconciliare con Dio! Lasciate che il Medico celeste curi la vostra anima e il vostro cuore! Lasciate che vi avvolga nel manto della sua misericordia, vi rivesta con la veste della nuova dignità, vi metta l’anello al dito e i calzari! Vi abbracci per farvi sentire il calore del suo amore eterno!» (cf. 2 Cor 5,20; Lc 15,20-22).

È nel pentimento sincero, nell’umiltà che si fa richiesta di perdono e che diventa desiderio di tornare nella casa del Padre, per rimanervi per sempre, che la gioia di vivere esplode! Non è in mezzo ai maiali, dove il peccato è turbinio inesorabile che risucchia ogni speranza, che si è felici. Lì vi è solo tristezza e angoscia, morte dell’anima, distruzione di se stessi e degli altri.

La parabola del figliol prodigo alimenti in tutti noi la certezza che solo rimanendo uniti a Cristo possiamo essere felici e possiamo realizzarci come uomini e come cristiani. Ci convinca che lontani da Lui, separati dal Suo amore, siamo persone tristi, senza alcuna linfa vitale, vittime del mondo che ci usa fino a quando gli serviamo per poi buttarci via senza alcuna pietà.

La Vergine Maria interceda per noi e ci ottenga la grazia di rimanere sempre nella casa del Padre e di ricorrere, senza esitare, al Sacramento della Confessione quando la nostra fragilità prende il sopravvento e ci porta lontano, nel paese in cui un maiale vale più di un uomo.

 

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